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8 curiosità sull’Asparago Bianco di Bassano D.O.P.

Hotel Belvedere
28.02.2022
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L’Asparago Bianco, conosciuto anche come “Chiaro di Bassano“, è una delle specialità che vengono coltivate nella zona del Bassanese, tanto da ottenere la certificazione europea di Denominazione Origine Protetta.

Sull’Asparago Bianco di Bassano D.O.P. si raccontano tante storie e particolarità.

Eccone alcune che molto probabilmente non conoscevi!

1) Il nome

La parola asparago deriva dal latino asparagus, cioè germoglio. In effetti l’asparago “che mangiamo” è il turione, ossia il giovane getto della pianta, il germoglio. Se il turione non viene raccolto si trasforma in un nuovo fusto.

2) Il colore

Il caratteristico colore bianco deriva dal fatto che gli asparagi vengono coltivati sotto terra. Per questo motivo la clorofilla, il pigmento verde presente in quasi tutte le piante fondamentale per la fotosintesi clorofiliana, è del tutto assente.

Gli asparagi Violetti invece sono una varietà di asparago bianco che, una volta fuoriuscito dal terreno, si colora per effetto della luce.

Il sapore va di pari passo con il colore: quelli bianchi sono più delicati mentre quelli viola sono quasi amarognoli.

3) Lunga vita al re

Gli asparagi sono molto longevi: una pianta di asparagi vive anche 10 anni.

Sono ortaggi antichi: pare che la coltura dell’asparago sia nata oltre 2000 anni fa in Mesopotamia da dove si è diffusa nell’antico Egitto, in Asia Minore e poi nel Mediterraneo. Gli asparagi furono introdotti in Europa dai Romani, che li consideravano un simbolo di forza virile e piacere carnale.

4) Si possono riconoscere “ad orecchio”

Gli asparagi freschi si riconoscono dalla punta compatta e dall’estremità umida, ma anche dal tipico cigolio che producono se strofinati tra loro.

Un altro criterio nella scelta degli asparagi è la croccantezza del gambo, che se piegato, deve spezzarsi e non flettersi: in questo caso l’asparago avrebbe perso acqua e non sarebbe più così fresco.

5) L’effetto afrodisiaco

Pare che gli asparagi abbiano un effetto stimolante. A causa della loro forma allusiva, fin dal 1500 cominciarono ad essere considerati afrodisiaci. Nel Rinascimento furono scelti come alimenti propiziatori per i banchetti nuziali e si narra che Napoleone III fosse solito consumarli prima di un incontro amoroso.

In effetti gli asparagi sono ricchi di vitamina E, che stimola il desiderio sessuale.

6) Gli asparagi fanno bene alla linea

Gli asparagi hanno solo 29 calorie per 100 grammi e sono ricchi di vitamine, sali minerali, fibre, proteine e hanno tante proprietà come quelle depurative, diuretiche e antianemiche.

Oltre che alla linea fanno bene anche all’umore perché ricchi di triptofano, un amminoacido che serve per sintetizzare la serotonina, cioè il neurotrasmettitore della felicità responsabile quindi del buonumore!

7) “Pezzi d’arte”

A Schrobenhausen, in Baviera, nel 1985 è stato inaugurato un museo interamente dedicato all’asparago! In quelle località viene definito ortaggio reale perché fondamentale per l’economia locale. Gli asparagi erano inoltre fra gli alimenti prediletti di Ludwig II, Re di Baviera dal 1864 al 1886. Il Museo degli asparagi viene visitato ogni anno all’incirca da 10.000 persone, all’interno del museo sono esposti reperti provenienti da oltre 30 Paesi tra cui numerosi attrezzi usati per la coltivazione e vari utensili da cucina.

8) L’asparago “mancante” di Manet

Nella storia dell’arte sono presenti diverse nature morte raffiguranti gli asparagi.

L’impressionista Manet ha dedicato due quadri a questo ortaggio. Il primo raffigurava un mazzo di asparagi e fu acquistato da Ephrussi, collezionista d’arte, ad un prezzo superiore a quello richiesto. Così, per sdebitarsi, Manet dipinse un altro quadro con un solo asparago e lo inviò a Ephrussi accompagnandolo da un biglietto con su scritto “ne mancava uno al vostro mazzo”.

Ne “La Cena in Emmaus”, opera del pittore veneziano Giambattista Piazzetta, è raffigurato un piatto a base di asparagi preparato secondo la tradizionale ricetta bassanese: uova, sale, pepe, olio e aceto.

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